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Che futuro avranno le vaccinazioni antinfluenzali?

La campagna vaccinale contro il Covid-19 durerà ancora molti mesi, e la stagione influenzale 2020-2021 è stata minima grazie a mascherine, vaccini e altre precauzioni. Cosa abbiamo imparato in vista delle prossime ondate di influenza?
Salute15 Marzo 2021 - ore 09:40 - Redatto da Redazione Meteo.it
Salute15 Marzo 2021 - ore 09:40 - Redatto da Redazione Meteo.it
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(foto: Cecilia Fabiano/LaPresse)

Come è diventato chiaro fin dal mese di febbraio - e come si prospettava già dallo scorso dicembre - nella stagione fredda 2020-2021 la tipica epidemia stagionale di influenza non c'è stata. Che sia per l'uso delle mascherine, per il distanziamento fisico, per l'adesione maggiore del solito alla campagna vaccinale, per l'isolamento delle persone con sintomi respiratori, per le altre misure anti-contagio o per tutte queste cose insieme, un fatto è certo: ciò che solo in parte è riuscito a rallentare il Covid-19 si è rivelato invece particolarmente efficace nell'impedire la diffusione di virus influenzali e para-influenzali.

Già in queste settimane, mentre siamo nel vivo delle somministrazioni vaccinali per il Sars-Cov-2 e la stagione dell'influenza sta volgendo al termine, è in corso la pianificazione per la campagna antinfluenzale 2021-2022. Gli occhi ora sono puntati soprattutto sull'emisfero australe, che sta entrando nella stagione fredda, sia per farsi un'idea di cosa potrebbe accadere dalle nostre parti tra 6-7 mesi, sia per individuare i ceppi e le varianti su cui tarare la prossima formulazione vaccinale.

E subito dopo arriverà la fase di produzione e distribuzione, in modo che al giungere dell'autunno si sia (il più possibile) pronti ad avviare la nuova campagna di somministrazioni. Quando ancora, molto probabilmente, sarà in corso la vaccinazione di massa contro il Covid-19. E con diverse precauzioni di contenimento - dalle mascherine alle restrizioni sugli assembramenti - che saranno ancora in vigore, o addirittura destinate a restare per sempre, in qualche misura, nella nuova normalità.

(foto: Claudio Furlan/LaPresse)

Per l'influenza, è stato un ottimo risultato

"Questo inverno non sono calati solo i casi di contagio registrati dal sistema di sorveglianza nazionale InfluNet, ma per l'influenza sono calati anche i ricoveri, le ospedalizzazioni e i decessi di pazienti fragili", ha spiegato a Meteo.it Nicola Ferrara, professore di geriatria all'università Federico II di Napoli e già presidente della Società italiana di gerontologia e geriatria (Sigg).

Sulla riduzione dell'infezione ha sicuramente avuto un ruolo la campagna vaccinale promossa dalle regioni, tanto che ha ricevuto il vaccino una percentuale di ultra 65enni maggiore della media degli ultimi anni. Soprattutto nelle ultime campagne vaccinali, infatti, la percentuale dei vaccinati era stata molto oscillante, con punte basse e ben lontane dal target del 75%. "Su questo traguardo positivo hanno influito più fattori: l'informazione di molti media è stata utile, sottolineando l'importanza della vaccinazione, le regioni si sono organizzate mediamente bene e tutta la filiera è stata parecchio facilitata", ha raccontato Ferrara. "Ma non solo: ha avuto un ruolo il timore di essere ricoverati in periodo Covid-19, di doversi recare in ospedale e pure di fare confusione con l'influenza, dato che tra le due malattie molti sintomi sono sovrapponibili".

Una riscoperta del passato

Come già anticipato, un ulteriore ruolo importante nel prevenire e scongiurare il picco influenzale è stato quello delle precauzioni che - direttamente o indirettamente - tutti abbiamo iniziato a utilizzare nel corso dell'ultimo anno. "Noi siamo la prima generazione che non aveva mai conosciuto alcuna malattia pandemica seria e diffusiva", ha chiarito Ferrara, "quindi si stava progressivamente perdendo memoria di pratiche come l'uso della mascherina nei reparti ospedalieri o l'abitudine di lavarsi le mani".

(foto: Claudio Furlan/LaPresse)

Oltre a queste, oggi abbiamo riscoperto pure l'importanza di fare attenzione ai luoghi di assembramento. "La riduzione dei contatti e dei momenti di convivialità, lo svuotamento delle scuole, dei mezzi pubblici, dei teatri e dei cinema ha cambiato la situazione a contribuito a ridurre l’influenza. E poi, di fronte a persone con sintomi respiratori, abbiamo usato molte precauzioni e fatto immediatamente tamponi", ha aggiunto.

Possiamo quindi dire che la pandemia ci ha lasciato qualche lezione utile per il futuro? "Sperando di contenere presto il Covid-19, sia a livello nazionale sia globale, abbiamo capito che alcuni banali ma utili messaggi vanno conservati e tramandati", ha risposto Ferrara. "Non solo mani e mascherine, ma per esempio che nel terzo millennio è irragionevole essere costretti a stare come sardine nei mezzi pubblici, ossia che il nostro modello non dovrebbe essere la metropolitana di Tokyo, bensì quelle del nord Europa. E anche per un pub o un locale non è scritto da nessuna parte che si debba stare tutti assembrati. Stare adeguatamente distanziati è un comportamento civile, e che riduce pure il rischio. Insomma, il desiderio di convivialità delle persone non va esasperato fino alla creazione di assembramenti estremi".

Piani per il futuro

"Ora che abbiamo la prova concreta che l'insieme di azioni messe in campo nel 2020 ha funzionato per l'influenza, è evidente che non possiamo rinunciare alle vaccinazioni l’anno prossimo", ha spiegato Ferrara. Questo non solo perché c'è la necessità di essere pronti a fenomeni pandemici (incluso quello in corso), ma anche perché in ogni caso quella dell'influenza è un'epidemia che provoca morti e aumenta il carico assistenziale. "Nessuno deve rimanere indietro", ha aggiunto. "Se si può allungare la vita alle persone anziane che con l'influenza rischiano di morire, l'obiettivo non è solo etico ma anche di prevenzione a livello sociale. Vaccinare gli over 80 è un investimento anche economico, perché ridurre il carico sugli ospedali e sulle terapie intensive permette di evitare quelle restrizioni che fanno malissimo alla psicologia e pure alla voglia di spendere e di produrre".

(foto: Huntlh/Pixabay)

Se da un lato abbiamo ormai una tradizione vaccinale secolare da mantenere, anche a livello culturale, l'esperienza positiva degli ultimi mesi per l'influenza non rappresenta comunque un traguardo finale. "Dato che le malattie diffusibili non conoscono i confini regionali, è importante che ci sia uniformità nazionale, anche al di là di quanto prevede il titolo quinto della Costituzione sulla sanità regionale", ha aggiunto Ferrara. Insomma, che in un'area si arrivi all'80% di adesione e in un'altra ci si fermi al 50% non è cosa buona: "non è una competizione, ma si vince o si perde tutti".

In vista delle prossime somministrazioni antinfluenzali, che saranno tra ottobre, novembre e dicembre per prevenire il picco tra gennaio e febbraio 2022, c'è almeno un altro grande filone su cui lavorare. "Oltre a pretendere indicazioni precise dal Ministero e l'aderenza da parte delle regioni, è fondamentale creare un’anagrafe vaccinale. Oggi si usano ancora foglietti di carta e ognuno arriva al vaccino per una strada diversa, con nessuno che fa un monitoraggio serio. Viaggiamo quasi tutti con in tasca uno smartphone che traccia di tutto, e ancora non abbiamo contezza di chi sia vaccinato di preciso". E chiosa: "Sarebbe importante anche per una questione di farmacovigilanza".

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