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Cos'è il sistema a semaforo per spostarsi nell'Unione Europea

I paesi sono classificati in verdi, arancioni, rossi o grigi, per uniformare a livello continentale la possibilità di viaggiare da uno stato all'altro. Al via, però, siamo quasi tutti rossi
Viaggi23 Novembre 2020 - ore 09:36 - Redatto da Redazione Meteo.it
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(foto: Jeshoots/Pixabay)

Mentre in Italia è attivo il sistema tripartito che organizza le regioni in zone gialle, zone arancioni e zone rosse, anche a livello continentale ci si è organizzati con una strategia simile. L'obiettivo dell'Unione Europea, almeno in linea di principio, è di realizzare un sistema unificato, trasparente e oggettivo per gestire la libertà di movimento tra i diversi paesi membri, naturalmente in funzione della diffusione del contagio stato per stato.

Se fino al termine dell'estate c'è stata un'organizzazione in ordine sparso, in cui ciascun paese implementava le proprie regole e i propri criteri, lo scorso 13 ottobre i Ministri dell'interno dei 27 paesi membri hanno adottato linee guida internazionali comuni. La necessità di mettere ordine in uno scenario geopolitico caotico era stata suggerita attraverso una Raccomandazione Ue, con il benestare della Commissione Europea. Anche perché le iniziative particolari di alcuni stati sembravano mettere in discussione l'Accordo di Schengen, che è stato ritenuto essenziale preservare.

In parallelo, la volontà è quella di creare dei corridoi di mobilità all'interno dell'Europa, in modo da consentire anche il turismo dove è possibile, e da evitare che alcuni paesi optino per una chiusura totale per tutti, senza distinzioni. Il sistema a semaforo resterà in funzione fino alla fine dell'emergenza sanitaria, o fino a nuovi provvedimenti che superino quello attuale.

Come funziona il semaforo

Rispetto allo scenario italiano, la colorazione degli stati a livello europeo prevede una procedura semplificata, basata su soli 2 parametri: anzitutto i casi registrati ogni 100mila abitanti, e poi l'ormai arcinoto rapporto tra persone risultate positive al tampone e il numero di tamponi eseguiti. Per farla breve, un paese risulta verde se ha meno di 25 casi ogni 100mila abitanti nelle ultime 2 settimane, e se contemporaneamente il rapporto positivi/tamponi resta sotto il 4%.

Il rosso si ha quando la percentuale supera il 4% e ci sono più di 50 casi ogni 100mila abitanti, e in tutte le occasioni in cui il numero di casi ogni 100mila abitanti supera quota 150. L'arancione naturalmente corrisponde al gap che resta tra verde e rosso, il giallo non è previsto in questa scala cromatica e da ultimo c'è pure il grigio, che si ha in quei casi in cui la capacità di monitorare il contagio sia ritenuta insufficiente. Per esempio, quando si fanno meno di 300 tamponi ogni 100mila abitanti in due settimane.

L'elaborazione dei dati e l'assegnazione dei colori è stata affidata al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), che di fatto già si occupava del monitoraggio e che è stato incaricato anche di dare ai risultati questa connotazione più pratica. L'Ecdc fornisce una nuova valutazione aggiornata ogni 14 giorni, e la versione più aggiornata della mappa è sempre disponibile sul sito Reopen Europa appositamente creato. L'analisi riguarda l'Unione Europea, lo Spazio economico europeo e il Regno Unito.

Cosa si può e non si può fare

Il sistema a semaforo non è di per sé vincolante per i vari stati, ma indica quali dovrebbero essere i provvedimenti presi. L'idea, piuttosto semplice, è che la circolazione sia libera e senza misure straordinarie solo quando ci si sposta da un paese verde a un altro paese verde.

Tuttavia, almeno in linea di principio, la circolazione non è vietata nemmeno se il paese di provenienza è catalogato come arancione o rosso. La differenza è che in questo caso si raccomanda l'introduzione di misure ad hoc per prevenire la diffusione del contagio, come l'obbligo di sottoporsi a tampone ororinofaringeo oppure di osservare un periodo di quarantena. La distinzione tra paesi arancioni e rossi, poi, è piuttosto sottile, è di fatto suggerisce ai paesi membri di prevedere un doppio livello di misure, di cui uno un po' più restrittivo e l'altro meno. Oppure, al limite, si potrebbe pensare a un divieto di ingresso (più o meno assoluto) limitato alle sole zone rosse, in cui però non includere i lavoratori transfrontalieri e altri casi particolari.

(foto: Thomas Williams/Unsplash)

In teoria ogni stato dovrebbe pubblicare i propri protocolli per le persone che provengono da stati arancioni oppure rossi, e dovrebbe notificare qualunque variazione nelle procedure con almeno 48 ore di anticipo rispetto all'entrata in vigore.

Un'Europa quasi tutta rossa

Ciò che salta immediatamente all'occhio nelle prime mappe a colori diramate dall'Ecdc è che, all'atto pratico, il Vecchio Continente appare ben poco variopinto. Secondo i criteri scelti, infatti, già dall'inizio di novembre la grandissima maggioranza dell'Europa è in zona rossa, peraltro in molti casi con valori numerici abbondantemente oltre la soglia rispetto all'arancione. Basta pensare che l'Italia ha un rapporto positivi/tamponi stabilmente ben sopra il 10%.

Il verde praticamente sulla mappa non esiste, se non per alcuni territori che di fatto fanno eccezione rispetto al metodo generale. Parliamo, per esempio, della Groenlandia e delle Isole Faroe (che sono territorio autonomo danese), oppure della Finlandia sud-occidentale che è stata individuata come regione disaccoppiata dal resto del Paese. Arancioni sono invece l'Islanda, parte della Finlandia e della Norvegia e le Isole Canarie, più l'Irlanda che finora è sostanzialmente l'unico paese ad aver sperimentato una transizione verso un colore più chiaro (prima era rossa). Particolare è infine la situazione del Regno Unito, che di fatto adotta proprie regole indipendenti ma è attualmente incluso nel monitoraggio, fatta eccezione per la Scozia che non ha sufficienti dati.

Il monitoraggio sulla base dei dati tra il 2 e il 15 novembre 2020

Il modello europeo a semaforo ha come vantaggio principale quello di sollevare ciascun paese dall'elaborazione di una propria mappa del rischio. Di contro, però, c'è chi lamenta che si tratti di una classificazione su aree troppo ampie, che dunque finisce per penalizzare quei territori e quelle regioni in cui la circolazione del virus è bassa. Uno studio scientifico pubblicato a maggio, per esempio, proponeva di applicare questo sistema a colori regione per regione in modo sistematico, anche se naturalmente avrebbe implicato molta più complessità di gestione.

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