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Conferenza sul clima Cop26, dalle promesse alle azioni

L'incontro che inizia il 31 ottobre a Glasgow riunisce tutti i principali leader mondiali: per combattere il cambiamento climatico serviranno regole comuni, condivise e concrete
27 Ottobre 2021 - ore 11:28 Redatto da Redazione Meteo.it
27 Ottobre 2021 - ore 11:28 Redatto da Redazione Meteo.it
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(foto: Unsplash)

Siamo ai blocchi di partenza. Mancano ormai pochi giorni al 26esimo meeting delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (formalmente la Conferenza delle parti, o in breve Cop26), ritenuto da molti un’occasione fondamentale - e forse l’ultima a disposizione - per determinare una vera accelerazione nella lotta al riscaldamento globale. Soprattutto, dato che quanto fatto finora è parso sostanzialmente un bla bla bla, e gli obiettivi fissati sono risultati vaghi, troppo distanti nel tempo e in generale poco rispettati. E allo stesso tempo pure le recentissime cronache siciliane ribadiscono anche su scala nazionale l'urgenza di agire.

Alla vigilia di questo incontro così determinante per il futuro del nostro pianeta, la stessa presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha ricordato quali sono gli obiettivi principali di questo consesso: pianificare come ridurre in modo significativo le emissioni di gas climalteranti, realizzare una vera transizione energetica con il passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili, aiutare i paesi più vulnerabili dal punto di vista socio-economico (ossia quelli che più rischiano di patire sia il clima che cambia sia i costi della transizione stessa), e infine procedere con una sostanziale svolta green in tutti i settori. Tutto questo, peraltro, dovrà giocoforza essere compiuto in maniera rapida ed efficace, attraverso una proficua collaborazione tra tutti i paesi partecipanti.

Come si sta arrivando alla Cop26. Spoiler: male

Sono passati sei anni dall’accordo di Parigi del 2015, ma nessuno dei firmatari al momento - numeri e dati alla mano - ha fatto abbastanza per raggiungere gli obiettivi prefissati. Il principale scopo del patto francese era di mantenere il riscaldamento globale entro i 2°C, o addirittura 1,5°C rispetto alle temperature medie precedenti la rivoluzione industriale. Questo mezzo grado di differenza, pur sembrando poco significato, rappresenta in realtà una differenza enorme per l’ambiente, poiché corrisponderebbe a una differenza di innalzamento nel livello delle acque dei mari e oceani di circa 5 centimetri, con tutte le conseguenze che ne derivano sugli insediamenti umani e non solo.

(foto: Catazul/Pixabay)

La risposta alla domanda su come stia andando è ben nota: male. Nonostante le promesse, i dati reali ci dicono che le emissioni sono continuate ad aumentare nel corso dell'ultimo lustro, e che l’utilizzo dei combustibili fossili è ben lontano dall’essere azzerato.

E tra qualche giorno si partirà proprio da qui per fare nuovamente il punto della situazione. Cop26 è infatti la più importante conferenza internazionale sul clima dopo il 2015, dato che la Cop25 del 2019 a Madrid era stata ben poco incisiva (anche per via della posizione molto ambigua sul clima dell'allora presidente statunitense Donald Trump). L’incontro si svolgerà a Glasgow, la più grande città della Scozia, dal 31 ottobre fino al 12 novembre. In queste quasi due settimane si riuniranno oltre 100 leader mondiali, tra cui anche l'attuale presidente statunitense Joe Biden, la cui linea politica è prendere molto seriamente il tema della crisi climatica e del rispetto dell'ambiente.

La conferenza Cop26, peraltro, è stata posticipata di un anno a causa della pandemia del Covid-19 e le conseguenti restrizioni. E non si tratta di un dettaglio di poco conto: questo ritardo riduce ulteriormente il tempo a disposizione, e la finestra temporale per potere raggiungere gli Accordi di Parigi - che prevedevano di dimezzare i livelli attuali di emissioni entro il 2030 - si sta chiudendo.

Un tavolo quantomai disomogeneo

Mano a mano che si avvicina l’inizio della Cop26, sempre più paesi stanno annunciando (alla politica interna e ai media) obiettivi sul medio e lungo periodo per sostenere la lotta al cambiamento climatico con azioni concrete. Per esempio, il Regno Unito ha da pochi giorni pubblicato i vari step che lo porteranno a raggiungere l’azzeramento delle emissioni entro il 2030. Ma, pur essendo importante il contributo di tutti, lo sforzo maggiore è richiesto ai paesi grandi emettitori del mondo, ossia Cina, India e Stati Uniti.

In particolare, sull'altra sponda dell'oceano Atlantico la nuova delegazione guidata da Biden punta ad attuare un cambio di politica radicale rispetto all'era Trump, e a promuovere misure per indurre tutti ad accelerare il passo in maniera significativa. Questa dichiarazione di intenti è importante soprattutto considerando che il tavolo dei partecipanti non è affatto omogeneo: alcuni stati sono infatti più restii ad adottare politiche più incisive, ritenendo sufficiente agire con maggiore calma. Per esempio, Russia, Brasile e Australia non hanno aumentato negli ultimi anni gli obiettivi in maniera significativa, e anche gli annunci che si rincorrono in questi giorni paiono vaghi e poco concreti.

(foto: Pixabay)

Per favorire un’azione condivisa da parte di tutti, come spiegano gli analisti, sarà fondamentale il ruolo dei paesi leader mondiali, che dovranno fungere da modello e sostenere un processo di innovazione e cambiamento che tracci la rotta per tutti gli altri. Un lavoro di squadra è indispensabile anche per evitare che quei paesi che contribuiscono di più alla lotta al cambiamento climatico siano anche quelli più penalizzati, innescando un circolo vizioso potenzialmente distruttivo. Da questo emerge anche la necessità di finanziamenti, di meccanismi contabili e di azioni legislative congiunte in grado di incentivare l’utilizzo di risorse rinnovabili anche dal punto di vista economico, per promuovere la riduzione dell’utilizzo dei combustibili fossili.

Responsabilità ai più sviluppati, Italia inclusa

La Cop26, almeno secondo gli auspici, dovrà segnare definitivamente il passaggio dal prendere impegni in astratto e a parole al programmare un'azione vera e propria, dando seguito operativo alle varie promesse che ormai da anni vengono fatte da tanti paesi in tutto il mondo.

(foto: Wikimedia Commons)

Anzitutto, bisognerà ridurre progressivamente le emissioni nette di anidride carbonica, fino ad azzerarle entro il 2050. In questo senso, ogni singolo paese dovrà predisporre un piano dettagliato su come intende perseguire questo obiettivo e favorire la transizione energetica. Tenendo presente, però, che è irrealistico posticipare la gran parte dello sforzo negli ultimissimi anni prima della scadenza fissata, e che invece il taglio delle emissioni deve iniziare fin da subito, con step progressivi a brevissimo termine.

La comunità internazionale dovrà anche sostenere le aree del pianeta dove gli effetti del cambiamento climatico hanno già determinato danni significativi sia dal punto di vista ambientale sia economico, tra eventi meteo-climatici estremi, desertificazione e conseguenti migrazioni. In alcune situazioni, purtroppo, impedire la distruzione degli ecosistemi non è già più possibile, e sarà necessario adattarsi al cambiamento cercando di limitare i danni e trovando soluzioni funzionali. E questi processi saranno possibili solo se si disporrà di fondi adeguati: per questo ai paesi più sviluppati e con un’economia più solida sarà richiesto l'impegno - come già promesso - di mettere a disposizione 100 miliardi di dollari all'anno in finanziamenti sul clima. Partendo naturalmente dai paesi del G7, ossia Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Italia.

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