Perché non è scientificamente corretto parlare di bombe d’acqua (anche se in tanti le citano)

Negli ultimi anni, la frequenza e l'intensità delle “bombe d’acqua” sono aumentate considerevolmente, causando danni significativi e purtroppo vittime. Il termine usato però risulta inadeguato e può distogliere l'attenzione dalle problematiche di fondo.
Bombe d'acqua, un termine (molto) utilizzato erroneamente
Tra le numerose conseguenze del riscaldamento globale, alimentato dalle emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altri gas serra derivanti dall'attività umana, si riscontra anche un incremento sia numerico che quantitativo di fenomeni meteorologici estremi.
Questi eventi, spesso identificati con il termine "bombe d'acqua", comprendono nubifragi violenti e repentini, che si lasciano dietro ingenti danni. Sono purtroppo fatti di cronaca sempre più spesso all'ordine del giorno e con l'incremento dei fenomeni metereologici estremi aumenta anche la frequenza di utilizzo del termine "bombe d'acqua". Ma è corretto chiamarli così? Assolutamente no.
Perché non è corretto dire "bomba d'acqua"?
Il temine è privo di valore scientifico e non lo troveremo mai riportato nei manuali di meteorologia, perché si tratta di un semplice neologismo di natura puramente giornalistica.
Le sue origini, secondo alcuni, sarebbero da ricercare nell'alluvione di Firenze del '66, mentre per altri fu usato per la prima volta nel 1996, per indicare l'alluvione di Cardoso, in Versilia. L'evento fu causato dallo straripamento del torrente Vezza e costò la vita a 13 persone. Si trattò di un fatto eccezionale per l'epoca, che vide circa 160 millimetri di pioggia cadere in un'ora, con una quantità d'acqua triplicata in pochissime ore.
Da allora eventi di questo tipo si sono susseguiti con sempre maggior frequenza, e di conseguenza anche l'utilizzo del termine "bomba d'acqua" ha visto un incremento notevole. Ma indipendentemente da quale sia stato il fatto tragico che ha "ispirato" tale vocabolo, rimane il fatto che non ha alcuna valenza in ambito scientifico, come dimostrato anche dalla rigorosa classificazione dell'intensità delle piogge nei testi di meteorologia.
I testi classificano infatti le piogge in base alla quantità d'acqua che precipita in un determinato intervallo di tempo, alla velocità di caduta, al diametro delle gocce e alla densità in atmosfera. Su questa base possiamo avere piogge deboli o forti, rovesci, nubifragi o nubifragi estremi. Sono proprio questi ultimi, spesso responsabili di esondazioni e alluvioni, a essere indicati erroneamente con il termine "bombe d'acqua".
Rischi legati a una terminologia sbagliata
Ma non è solo una questione di termine errato per definire l'intensità di un temporale a preoccupare. L'uso improprio della parola "bomba d'acqua" implica anche un altro rischio, ovvero quello di sviare l'attenzione sulle vere cause di questi fenomeni metereologici estremi sempre più frequenti e distruttivi, ovvero il riscaldamento climatico causato dall'uomo.
Gli ultimi effetti devastanti di tutto questo si sono avuti in Lombardia, quando domenica 6 luglio, come vedete anche nell'immagine in alto, un temporale di grandissima intensità ha causato l'ennesima tragedia, con alberi sradicati, allagamenti, diversi feriti e un morto. Il rischio legato all'uso improprio del termine bomba d'acqua è quello che tale utilizzo possa portare a supporre che si sia trattato di un evento estemporaneo, eccezionale e slegato dalla normalità, mentre in realtà si tratta purtroppo di qualcosa che la crisi climatica sta rendendo sempre più frequente e "normale".