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Strategie per un guardaroba sostenibile

Molti dei prodotti per l'abbigliamento contribuiscono in all'inquinamento: idee per fare scelte a basso impatto
13 Dicembre 2021 - ore 07:50 Redatto da Redazione Meteo.it
13 Dicembre 2021 - ore 07:50 Redatto da Redazione Meteo.it
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(foto: Pixabay)

Un capo d'abbigliamento su due è composto essenzialmente da plastica, e contribuisce non poco all’inquinamento ambientale. Lo conferma per esempio un report inglese di quest'anno pubblicato dalla Bbc, che ha messo in luce come il 49% dei capi (su un migliaio in tutto di indumenti analizzati) sia realizzato in prevalenza con poliestere, acrilico, nylon o elastan. E per alcuni marchi si arriva anche oltre quota 60%.

Da questi pochi numeri appare già evidente come la lotta per ridurre l’inquinamento dei mari e degli oceani - e più in generale per proteggere il nostro pianeta - passi anche per il nostro abbigliamento, in quanto avere un guardaroba amico dell’ambiente è molto più importante e impattante di quanto possa sembrare (sempre tenendo conto, comunque, che i comportamenti individuali virtuosi non bastano, ma che occorrono in parallelo macro-strategie di sostenibilità).

A peggiorare ulteriormente la situazione ci sono anche le abitudini di consumo e di utilizzo sbagliate, alimentate dal consumismo e dal continuo desiderio di indossare abiti nuovi. A far sì che, non solo in qualità ma anche in quantità, i guardaroba siano spesso insostenibili.

I tessuti inquinanti e il problema della plastica

Ogni anno, dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica finiscono nei mari e negli oceani di tutto il mondo, mettendo a rischio un gran numero di ecosistemi. Come riporta la rivista scientifica Nature in uno dei numerosi studi sul tema, nell’oceano Artico si contano oggi 40 particelle di microplastiche per metro cubo di acqua, con un flusso in ingresso alimentato dall'oceano Atlantico. E la maggior parte di queste deriva dal poliestere, che è molto utilizzato proprio nel settore abbigliamento. Tra i problemi principali spicca che la plastica utilizzata per produrre vestiti non può essere in alcun modo riciclata, e di conseguenza molti capi risultano essere nocivi per nostro pianeta.

Ma c'è di più. Oltre al problema della plastica, i vestiti in fibre sintetiche prevedono un processo di lavorazione altamente inquinante e che determina una quantità consistente di emissioni nocive. Per esempio, la sola produzione del poliestere ogni anno richiede l'equivalente di oltre 70 milioni di barili di petrolio.

(foto: Unsplash)

Anche i materiai in finta pelle (o ecopelle che dir si voglia) non sono davvero ecologici, anche se sono realizzati con polimeri termoplastici o polivinilcloruro (pvc) e quindi hanno caratteristiche ecologiche migliori degli altri tessuti sintetici.

Inoltre, continua a essere sempre più diffusa la moda della cosiddetta throw away culture o fast fashion, che contribuisce a innescare meccanismi nocivi per il nostro pianeta attraverso la realizzazione di capi economici e alla moda che diventano volutamente obsoleti e rovinati nel giro di poco tempo. Ovviamente questo determina che i vestiti vengano realizzati con tessuti di bassa qualità e al contempo molto inquinanti. Infine, anche il lavaggio dei capi di abbigliamento contribuisce a inquinare le acque, in quanto le particelle molto piccole rilasciate non vengono intercettate dai filtri delle lavatrici (salvo che vengano adottate soluzioni ad hoc), finendo poi nei mari e negli oceani.

Alcuni tessuti che salvaguardano l'ambiente

Come spiegato, per avere un guardaroba amico dell’ambiente è bene prestare molta attenzione alle proprie scelte d'acquisto. Per esempio, una strategia virtuosa è comprare indumenti in materiali che non necessitano dell'utilizzo di energia per la loro lavorazione (o che ne richiedono poca), che durano nel tempo e che al termine del loro ciclo di vita determinino uno scarso impatto sull’ambiente, venendo smaltiti in maniera agile o inseriti in un processo di economia circolare.

(foto: Unsplash)

Su questo fronte ci sono buone notizie: le soluzioni sostenibili sono tantissime, e peraltro non determinano grosse rinunce da parte del consumatore. Un esempio virtuoso è rappresentato dalla pelle che, nonostante le numerose perplessità che può sollevare dal punto di vista etico, rappresenta in termini di sostenibilità un materiale in grado di promuovere l'economia circolare e dare una seconda vita a un prodotto che spesso è di scarto per l’industria alimentare. Infatti, la produzione di tessuti in pelle non è la causa della macellazione degli animali, ma al contrario riduce la produzione di rifiuti inquinanti pericolosi per il pianeta e per la nostra salute.

Un altro caso virtuoso arriva dalla Svezia, dove l’industria tessile ha creato un tessuto naturale molto idrorepellente nato dall’osservazione dei fiori di loto, che sostituisce i più comuni impermeabili altamente inquinanti. E tra i materiali amici dell’ambiente spicca pure la juta, una fibra tessile tipicamente indiana che si ricava dall'omonima pianta ed è in grado di ridurre in maniera significativa la concentrazione di anidride carbonica dell’aria: ogni ettaro di coltura di juta è in grado di assorbire 15 tonnellate di anidride carbonica e di rilasciarne 11 di ossigeno durante ogni singola stagione. Insomma, per le case di moda attente all’ambiente, si tratta di un materiale da valutare con grande attenzione.

Alternative sostenibili originali

Per fortuna i tessuti che riducono l’inquinamento ambientale, e le aziende tessili attente alla sostenibilità e con una politica plastic free, sono sempre di più, spesso grazie a prodotti agricoli o vegetali da cui sembrava impossibile ricavare capi di abbigliamento. A tal proposito, una startup finlandese ha promosso l'idea creativa di utilizzare i fondi del caffè per produrre scarpe da ginnastica. Altrettanto originale è l'iniziativa di un'azienda di Taiwan di utilizzare la canna da zucchero per produrre vestiti e mascherine. E pure nel nostro paese ci sono realtà che hanno sviluppato tessuti a partire dagli scarti di derrate alimentari come l'uva o le arance.

(foto: Pixabay)

Oltre a quelli già citati, per un armadio davvero ecologico ci sono poi altri materiali molto interessanti e dal potenziale ancora inespresso: il lyocell, che deriva dalla cellulosa della pianta di eucalipto, oppure il classico lino, che è biodegradabile e composto per il 70% da cellulosa, o ancora il cupro, prodotto con materie riciclate dal cotone.

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