Mercurio vecchio di secoli minaccia l'Oceano Artico: la ricerca

Un nuovo studio pubblicato ieri, 12 giugno, sulla rivista Nature Communications da ricercatori dell'Università di Aarhus e dell'Università di Copenaghen ha rivelato che le correnti oceaniche potrebbero trasportare l'inquinamento da mercurio preesistente da secoli verso l'Artico. Si tratta di una vera e propria minaccia minaccia a lungo termine per gli ecosistemi e la salute umana.
Oceano Artico minacciato dal mercurio: cosa sta succedendo?
La nuova ricerca dell'Università di Aarhus e dell'Università di Copenaghen ha rivelato che le correnti oceaniche sono una delle principali fonti di contaminazione da mercurio nell'Artico. Il professor Rune Dietz dell'Università di Aarhus spiega: "Monitoriamo il mercurio negli animali artici da oltre 40 anni. Nonostante il calo delle emissioni globali dagli anni '70, non osserviamo alcuna corrispondente diminuzione delle concentrazioni artiche". L'inquinamento da mercurio vecchio di secoli presente rappresenta una minaccia per l'Oceano Artico, ma anche per gli ecosistemi e la salute umana.
Dati alla mano, il mercurio rilasciato nell'atmosfera da fonti come la combustione del carbone e l'estrazione dell'oro può rimanere nell'aria per circa un anno. Una volta che il mercurio entra nell'oceano può sopravvivere per più di 300 anni. Cosa significa? Che le acque dell'Oceano Artico potrebbero continuare a registrare livelli elevati di mercurio per secoli.
Il mercurio nell'Oceano Artico minaccia per gli animali e la salute umana
La presenza di mercurio nelle acque dell'Oceano Artico è una chiara minaccia anche per la fauna. La ricerca danese, infatti, hanno studiato più di 700 campioni ambientali, tra cui tessuti di orsi polari, foche, pesci e torba, provenienti da tutta la Groenlandia. Dati alla mano, i ricercatori hanno studiato la composizione di sei isotopi comuni di mercurio scoprendo distinte differenze regionali che corrispondono agli andamenti delle correnti oceaniche. Il ricercatore senior Jens Søndergaard dell'Università di Aarhus ha sottolineato: "Queste firme isotopiche agiscono come impronte digitali, rivelando le fonti e le vie di trasporto del mercurio".
Non solo, la presenza di mercurio è stata individuata negli orsi polari e nelle balene dentate con una concentrazione superiore di anche 20-30 volte maggiore rispetto alla situazione dell'industrializzazione. Questi numeri rappresentano gravi rischi per la salute non solo della fauna selvatica, ma anche per le comunità indigene che dipendono dai mammiferi marini per l'alimentazione.
"Il mercurio influisce sul sistema immunitario, sulla riproduzione e forse anche sulle funzioni sensoriali degli animali, il che può influire sulla loro sopravvivenza", conclude Christian Sonne dell'Università di Aarhus.