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Ecco la missione per difendere la Terra dagli asteroidi

Al via un doppio intervento spaziale per prevenire minacce tipo Armageddon
Spazio22 Novembre 2021 - ore 08:43 - Redatto da Redazione Meteo.it
Spazio22 Novembre 2021 - ore 08:43 - Redatto da Redazione Meteo.it
(foto: Wikimedia Commons)

All'inizio di quest'anno si è parlato della possibile collisione tra un asteroide di piccole dimensioni, chiamato 2009 JF1, e la superficie terrestre. La stessa Nasa ha confermato la possibilità (seppure molto remota) d'impatto, che per il 6 maggio 2022 è stata quantificata in 1 su 4mila circa. Anche se 2009 JF1 non è ritenuto una minaccia significativa, soprattutto perché troppo piccolo, in futuro potrebbe capitare che un corpo decisamente più grande si diriga minacciosamente verso la Terra, mettendo a rischio cose e persone o, addirittura, l'equilibrio stesso del nostro pianeta.

Proprio per scongiurare le possibili minacce future tipo-Armageddon, già da decenni sono stati predisposti dalle agenzie spaziali dei programmi di difesa planetaria. Tra questi, il prossimo in termini cronologici è il Double Asteroid Redirection Test (in acronimo, Dart), organizzato dalla Nasa per modificare la traiettoria orbitale di un asteroide doppio, cioè di un sistema binario di corpi rocciosi che orbitano l’uno intorno all’altro. Si tratta di una notizia rilevante anche perché è la prima missione di difesa planetaria - a scopo dimostrativo, dato che non si tratta di asteroidi in rotta di collisione con la Terra - creata per verificare e convalidare il sistema di modifica della rotta di un asteroide.

La missione Dart per la difesa planetaria

La partenza della sonda Dart della Nasa è prevista per mercoledì 24 novembre dalla base di Vandenberg, in California negli Stati Uniti, con un lancio che avverrà attraverso un razzo Falcon 9 di SpaceX. L’obiettivo è colpire il più piccolo dei due asteroidi che formano il sistema binario, un sassolone chiamato Dimorphos. Il corpo primario della coppia, che come anticipato non sarà bersaglio diretto della missione, si chiama Didymos e ha un diametro di circa 780 metri. Dimorphos invece misura circa 160 metri, una dimensione ritenuta compatibile con quella degli asteroidi che potenzialmente potrebbero costituire una minaccia più concreta per il pianeta Terra.

(foto: Pixabay)

La collisione tra la sonda e l’asteroide ovviamente non sarà immediata, ma è prevista tra quasi un anno, per la precisione tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 2022, a una distanza di 11 milioni di chilometri da noi. Se tutto andrà come previsto, si dovrebbe riuscire a deviare l’orbita di tutti e due i corpi rocciosi (uno per impatto diretto e uno per conseguenze gravitazionali) a scopo puramente dimostrativo. La parte impattante di Dart si schianterà con Dimorphos con una velocità di oltre 6,5 chilometri al secondo.

In questa missione c’è un forte coinvolgimento dell’Italia: non solo per il sensore d’assetto, ma soprattutto per la presenza del nanosatellite italiano LICIAcube (Light Italian Cubesat for Imaging of Asteroids), che ha l’obiettivo di scattare foto e fornire agli scienziati sulla Terra le informazioni necessarie per comprendere meglio e monitorare alcuni parametri.

Quattro anni dopo andremo a controllare

Per sapere se la missione avrà avuto successo bisognerà attendere il 2026, quando è prevista una seconda missione tutta europea, denominata Hera, organizzata dell’Agenzia spaziale del Vecchio Continente. In realtà questa missione inizierà nel 2024, quando la sonda di un valore di quasi 130 milioni di euro verrà inviata nello spazio. Poi, però, occorrerà attendere altri 2 anni affinché giunga a destinazione, iniziando a ruotare intorno all’asteroide per osservarlo nei minimi dettagli. Solo a quel punto sarà possibile verificare l’effettivo risultato ottenuto con la collisione avvenuta 4 anni prima.

(foto: Unsplash)

La sonda di Esa sarà riccamente equipaggia per permettere una serie di operazioni essenziali per un’analisi completa di entrambi gli asteroidi: mappare l’altimetria, svolgere esperimenti scientifici, riprendere immagini con varie lunghezze d’onda, analizzare le proprietà fisiche dei corpi rocciosi. Insomma, le informazioni che si mira a ottenere sono tante e diversificate, molto utili per migliorare i sistemi di difesa planetari.

La ricerca spaziale e le ricadute pratiche

Un passo in avanti molto importante per la difesa planetaria dalla collisione con asteroidi è rappresentato anche da un miglioramento nell’analisi dei dati a disposizione, unendo tutte le informazioni raccolte negli ultimi anni e le previsioni future dei prossimi 100. Accanto al tema dell'osservazione vera e propria, infatti, c'è anche un aspetto non trascurabile di gestione dei big data spaziali, con l'estrazione di informazioni che possano essere utili e rilevanti.

Attraverso il programma di osservazione Neo (Near-Earth Object), in particolare, per i corpi celesti più vicini e più pericolosi per la Terra (per dimensioni e traiettorie orbitali) è possibile stimare, con un buon grado di accuratezza, il reale pericolo a cui si va incontro.

(foto: Wikimediacommons)

All’interno di questa cerchia, non tanto ristretta, sono compresi al momento circa 17mila asteroidi, su 700mila complessivi osservati all’interno del Sistema solare (un numero in continuo aumento, per via delle nuove identificazioni che si susseguono). Il programma Neo, che non è una novità ma diventa sempre più efficace, mette in evidenza un modo più moderno di intendere la ricerca spaziale, volto a proteggere l'umanità e le infrastrutture del nostro pianeta. Insieme alla ricerca scientifica e alla competizione internazionale, infatti, il settore aerospaziale assume sempre più un ruolo concreto, con ricadute pratiche per la nostra quotidianità e la nostra sicurezza.

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