Cosa c'è da sapere sulle Ursidi, l'ultimo sciame di stelle cadenti del 2020
Di mesi di dicembre come quello del 2020, dal punto di vista astronomico, non ce ne sono molti: la grande congiunzione di Giove e Saturno, che ha una frequenza pluricentenaria, l'eclissi totale di sole visibile dall'America meridionale, e poi le tante piogge meteoriche come le Geminidi, le Quadrantidi (il cui picco però sarà a gennaio) e le Ursidi. Oltre, naturalmente, al solstizio d'inverno e alla cosiddetta cold moon del 30 dicembre.
Di fronte a questo susseguirsi di eventi, lo sciame meteorico delle Ursidi (URS in sigla internazionale) rischia quasi di passare in sordina, nonostante sia uno spettacolo notturno affascinante e quest'anno - complice la fase lunare favorevole - dia speranze di ottima visibilità. Perciò occhi puntati al cielo per una decina di giorni, a partire dalla metà di dicembre, alla ricerca dell'ultimo picco di scie luminose dell'anno.
Cosa sono le Ursidi
Come la grandissima maggioranza delle stelle cadenti, anche le Ursidi devono il proprio nome alla posizione del cielo da cui sembrano provenire (in termine tecnico, il radiante). Come suggerisce la parola, la porzione di riferimento è la costellazione dell'orsa, e in particolare l'Orsa Minore, che contiene il polo nord celeste e ha come stella più luminosa il sistema stellare triplo Polaris, più noto come stella polare. Per la precisione, le meteore delle Ursidi paiono originarsi in prossimità della stella beta della costellazione, ossia la seconda in ordine di luminosità, che è chiamata Beta Ursae Minoris oppure Kochab.
Nonostante ci sia ancora qualche punto oscuro sul fronte scientifico, naturalmente le Ursidi sono generate dal fatto che la Terra attraversa una regione di spazio ricca di detriti spaziali, che si incendiano penetrando nell'atmosfera. L'origine oggi ritenuta più verosimile per i detriti è la cometa 8P/Tuttle, o più semplicemente Tuttle, una cometa periodica costituita prevalentemente di ghiaccio, nota dalla metà dell'Ottocento e che compie il proprio moto di rivoluzione introno al Sole ogni 13 anni (terrestri) e mezzo. Ciò significa che ogni 13,5 anni la regione di spazio dove passano sia la cometa sia la Terra viene ripopolata di detriti, e quindi ci si aspetta di avere con la stessa periodicità la massima attività dello sciame. Vale a dire, il maggior numero di scie visibili nel cielo si ripropone ogni 13 o 14 passaggi terrestri. Si tratta però di una regola non matematica, nel senso che in alcuni passaggi della cometa non c'è un effettivo aumento dell'attività.
I primi studi sistematici sulle Ursidi risalgono al 1945 a opera dell'astronomo ceco Antonín Bečvář, nonostante lo sciame fosse stato osservato già tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento dal britannico William Denning. Il 1945 resta comunque un anno di riferimento, perché coincise con un intenso picco di attività, fino a 100 comete l'ora. Il picco successivo, atteso per il 1959, non fu registrato, mentre lo furono quelli del 1973 e del 1986. Per l'anno 2000 era prevista un'intensa attività, ma non accadde, e le due date di picco successive sono ovviamente il 2014 e il 2027/2028. Per quest'anno, che cade circa a metà tra l'ultimo picco e il prossimo, l'attività dovrebbe essere media, con massimi nell'ordine delle 10 meteore l'ora e possibilità di raggiungere per qualche momento ritmi da 25 l'ora.
L'aspetto ancora controverso delle Ursidi è che non è molto chiara la dinamica dei detriti derivanti della cometa Tuttle. L'attività che vediamo dalla Terra raggiunge il picco quando la cometa è alla massima distanza dal Sole e da noi: per questo, alcuni scienziati hanno ipotizzato che possa ci essere un complesso meccanismo in cui è coinvolta anche la gravità di Giove. Origine a parte, dalla Terra puntualmente ogni hanno lo spettacolo è visibile tra il 16 e il 27 dicembre, con un picco concentrato nella notte tra il 21 e il 22 e in quella tra il 22 e il 23. In tutto però l'attività più intensa dura 24 ore, tanto che le Ursidi sono note per essere uno sciame di durata (al picco) particolarmente breve. O, in termini astronomici, uno sciame compatto.
Cosa si può vedere nel 2020
La notizia non troppo buona è la già citata intensità prevista, che dovrebbe restare piuttosto più bassa rispetto ad altri sciami meteorici degli ultimi mesi. L'aspetto positivo, invece, è che la Luna darà solo un piccolo fastidio all'osservazione del cielo. Nelle due notti di massimo spettacolo, infatti, il nostro satellite naturale tramonterà rispettivamente poco prima e poco dopo la mezzanotte, lasciando il cielo buio per il resto della nottata. Ma anche mentre sarà nel cielo visibile, la Luna non sarà particolarmente luminosa, dunque non dovrebbe disturbare troppo la visuale, lasciando tutte le ore notturne a disposizione degli appassionati.
Condizioni meteo e restrizioni anti-Covid permettendo, come sempre per un'osservazione ottimale si consiglia di allontanarsi dai centri abitati per minimizzare l'inquinamento luminoso, e di attrezzarsi con abbigliamento caldo e comodo per poter restare all'aperto il tempo necessario alle osservazioni.