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Come fare smart working dalle località di vacanza

Si chiama holiday woking, e sono sempre di più gli italiani che approfittano del lavoro agile per trasferirsi nei luoghi di villeggiatura preferiti. Ma non a tutti è concesso
Viaggi7 Luglio 2021 - ore 08:44 - Redatto da Redazione Meteo.it
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(foto: Cuncon/Pixabay)

Si possono coniugare lavoro e relax? Di per sé parrebbero due attività inconciliabili, ma con lo smart working e la possibilità di allontanarsi dai tradizionali luoghi di lavoro si aprono molte nuove possibilità. Tanti italiani, sfruttando l’elasticità e la praticità del lavoro agile, hanno approfittato dell'occasione per unire l'utile al dilettevole e svolgere le quotidiane attività lavorative da luoghi diversi dalla propria abitazione. E iniziando a occupare perciò appartamenti in luoghi turistici, oppure riversandosi in alberghi e hotel.

Lavorare in vacanza è possibile

Con la pandemia, e i lockdown più o meno rigidi, si è registrato un aumento improvviso ed enorme dello smart working, che coinvolge o ha coinvolto quasi 10 milioni di lavoratori solo nel nostro paese. In questo contesto di emergenza sanitaria, proprio per esigenze pratiche, l’abitazione in molti casi è diventata a tutti gli effetti il luogo di lavoro, determinando la necessità di riorganizzare gli spazi domestici e cambiando pure la routine quotidiana.

Tutto ciò ha impattato non di poco sulle nostre abitudini e ha stimolato la voglia di evasione: il risultato è stata la nascita e lo sviluppo del fenomeno del cosiddetto holiday working. Come l'espressione stessa suggerisce, si tratta di conciliare due elementi - vacanza e lavoro - in modo da godersi un po’ di svago in un ambiente turistico mentre si continua a lavorare in modalità agile. Se da un lato potrebbe non sembrare il massimo portarsi il lavoro in vacanza, dall’altro lavorare da un luogo fresco e rilassante, soprattutto nel periodo del caldo estivo, non è affatto male. Anche perché la prospettiva è, una volta timbrato metaforicamente il cartellino, di godersi il mare, il lago, la montagna o qualunque altro luogo tipicamente vacanziero.

(foto: Unspalsh)

Questa tendenza è stata incentivata anche dalle strutture ricettive, che hanno colto al volo l'opportunità e adeguato i propri spazi alle nuove esigenze degli ospiti: potenziamento della rete wi-fi, creazione di luoghi silenziosi ad hoc, servizi di baby sitting eccetera. Proprio per questi motivi, le destinazioni più spesso prenotate non sono solo quelle convenzionali, ma anche località alternative dove isolarsi dal caos cittadino e godersi un po’ di sano relax. Sono molto apprezzati dai lavoratori-turisti anche i giardini esterni, i barbecue e i parcheggi privati che garantiscono la possibilità di posizionare la macchina senza problemi.

Picco di richieste per abitazioni e alberghi

Nel corso del 2020 il settore turistico ha subito una battuta d’arresto senza precedenti. E anche il mercato delle seconde case negli ultimi anni non ha brillato, probabilmente a causa dell’introduzione dell’Imu nel 2012. Negli ultimi mesi però c'è stata un'inversione di tendenza: è cresciuta la voglia di uscire dalle mura domestiche e di godersi un po’ di vacanza, e in particolare sono aumentate notevolmente le richieste di abitazioni da acquistare in luoghi turistici o di villeggiatura, soprattutto al mare e al lago. Questi immobili, utilizzati molto spesso come seconde case, vengono sfruttati sia per il meritato riposo durante le ferie estive, sia per il lavoro in smart working negli altri mesi dell’anno.

(foto: Unsplash)

In termini numerici, in molte località si è registrato un aumento di richieste superiore al 200% rispetto all’anno scorso. Il primato di questa classifica spetta alla riviera romagnola, con un aumento del 286% su base annua, seguita da litorale abruzzese, golfo di Cagliari e altre località turistiche.

In parallelo sono cresciute parecchio anche le prenotazioni negli alberghi in tutta la nostra penisola. L’elemento più particolare di questo aumento, a conferma del trend generale, è che una percentuale molto alta delle prenotazioni effettuate nei primi 4 mesi dell’anno (il 35% circa) ha avuto come finalità dichiarata proprio l'holiday working.

Come funziona con il capo?

Quello che rimane da definire, non solo dal punto di vista pratico ma anche formale e amministrativo, è la gestione dello smart working in albergo, o più in generale in un qualsiasi luogo di vacanza. Il lavoro agile di per sé non impone alcun obbligo sul luogo in cui vengono svolte le mansioni lavorative, a patto che vengano mantenuti gli standard qualitativi e quantitativi previsti dal contratto di lavoro. In sintesi, non serve chiedere il permesso al datore di lavoro, e lo smart worker può svolgere la prestazione lavorativa dove lo ritiene più opportuno, ponendo però la giusta attenzione all’attività svolta e assicurandosi di avere a disposizione tutto il necessario (rete internet veloce, linea telefonica, dispositivi elettronici funzionanti ed efficienti,..). Insomma, se in spiaggia o a bordo piscina la connessione è un po' altalenante, il lavoratore è tenuto a risolvere il problema, e gli inghippi tecnici causa holiday working non sono ammessi.

(foto: Unsplash)

Non tutte le mansioni però sono uguali, e ogni specifico posto di lavoro ha le proprie regole e i propri divieti. In sintesi quindi, nonostante la normativa nazionale di riferimento lasci ampie libertà, occorre valutare caso per caso: molto spesso vengono infatti predisposti accordi personali tra azienda e lavoratore per definire i limiti della prestazione di smart working. Prima di prenotare, insomma, meglio fare uno squillo al proprio capo o al proprio responsabile risorse umane di riferimento.

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