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Covid-19, 10 bufale sui vaccini

Le più chiacchierate fake news sui vaccini contro il Covid-19: dalla durata della protezione ai falsi calendari, dai feti abortiti fino ai test prevaccinali
2 Aprile 2021 - ore 08:43 Redatto da Redazione Meteo.it
2 Aprile 2021 - ore 08:43 Redatto da Redazione Meteo.it
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(foto: Qimono/Pixabay)

Sempre più spesso circolano informazioni ingannevoli e pericolose sui vaccini contro il Covid-19. Già ben prima della pandemia il tema dei vaccini era spesso oggetto di bufale o distorsioni, su internet e non, ma l'attuale emergenza sanitaria globale ha ulteriormente peggiorato la situazione.

Con il virus Sars-Cov-2 che è diventato protagonista assoluto della scena, anche tutti i possibili rimedi, le azioni preventive, le protezioni vaccinali e i trattamenti sono finiti nel vortice dell'infodemia. Generando una situazione in cui - in un fiume in piena di novità, aggiornamenti e opinioni - può essere difficile distinguere ciò che è confermato dall'evidenza scientifica da ciò che non lo è. Per non parlare delle vere e proprie panzane, con storie del tutto campate in aria.

Il risultato è non solo di alimentare il caos informativo, ma anche di compromettere la fiducia nei vaccini e quindi di mettere i bastoni tra le ruote alla campagna vaccinale. Per tentare di mettere un po' d'ordine, a partire dalle fake news più condivise, abbiamo raccolto qui di seguito 10 bufale che riguardano Covid-19 e vaccini.

(foto: Unsplash)

1. Le varianti rendono i vaccini inutili

Tutti i virus mutano e subiscono delle variazioni nel tempo, come peraltro è evidente dal fatto che ogni anno è necessario cambiare la formulazione del vaccino antinfluenzale. Scendendo nello specifico, l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato che il virus Sars-Cov-2 sta mutando più lentamente di tanti altri. Inoltre, a oggi non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino un'inefficacia della vaccinazione anti Covid-19 contro le nuove varianti. La reazione che inducono i vaccini è una risposta immunitaria contro la proteina spike, una porzione superficiale del virus che consente di attaccarsi alle cellule. Piccole variazioni della struttura di questa proteina, o variazioni di altre parti della struttura virale, non alterano l'efficacia del vaccino. Da studi di laboratorio preliminari è emerso che sia il vaccino Pfizer sia quello Moderna sono efficaci contro la variante identificata per la prima volta nel Regno Unito, mente perdono in parte di efficacia nei confronti della cosiddetta variante sudafricana. Tuttavia, una lieve flessione dell'efficacia non significa affatto annullamento dei benefici, e la vaccinazione resta la scelta migliore (in attesa eventualmente che arrivino nuove formulazioni riadattate ad hoc).

2. I vaccini a mRna alterano il codice genetico

I vaccini a mRna non sono pericolosi per il nostro patrimonio genetico. Pur essendo un tipo di piattaforma vaccinale biotecnologica messa a punto di recente, sono già disponibili diversi studi scientifici che ne dimostrano la sicurezza. Per di più, l'Rna messaggero non può penetrare nel nucleo cellulare, quindi non può certo mescolarsi con il patrimonio genetico umano. Altro elemento molto importante è che i filamenti di mRna vengono rapidamente eliminati dal nostro organismo, appena dopo che hanno svolto la propria funzione di attivare la risposta immunitaria desiderata.

foto: unsplah

3. La protezione del vaccino dura poco

Per fortuna non è così, non si tratta di "poche settimane" come affermano alcune dicerie in circolazione. Attualmente sono in corso numerosi studi per potere chiarire con certezza i tempi in cui si mantiene la copertura vaccinale, ma sicuramente già a oggi è noto che la protezione permane per diversi mesi. Dato che il coronavirus Sars-Cov-2 è conosciuto da poco più di un anno, e che i vaccini disponibili lo sono solo da alcuni mesi, fare previsioni sul lungo periodo non è semplice. Secondo i dati già a disposizione, comunque, si ipotizza che per i vaccini Pfizer e Moderna la copertura sia almeno di 9-12 mesi dalla seconda dose. Più incerte sono le informazioni relative ad AstraZeneca, ma di sicuro l’immunità rimane per almeno 2 mesi, anche se si spera possa essere molto più lunga e raggiungere come minimo un anno di durata. Anche per Johnson & Johnson i dati sono ancora in fase di raccolta, e si studierà la variazione degli anticorpi su un arco di tempo di 2 anni. Insomma, è possibile che la vaccinazione debba essere ripetuta in futuro, ma non a ridosso del primo round di somministrazioni.

4. Ecco i calendari vaccinali per gli under 80

Nelle ultime settimane spesso circolano in rete informazioni ingannevoli su presunti piani vaccinali per le persone con età inferiore a ottant'anni. Il rischio indotto da queste bufale, perché di pure invenzioni si tratta, è di creare un sovraccarico del sito delle prenotazioni online, rallentando tutto il sistema. In particolare la regione Toscana, principale vittima di questa bufala, ha chiarito che - a oggi - non esistono date certe per l’inizio delle prenotazioni per chi ha meno di settant'anni, in quanto solo da pochi giorni è stato fissato un calendario per la fascia di età compresa tra i 70 e gli 80.

5. Il vaccino rende immuni da subito

Il tempo affinché una persona vaccinata diventi protetta dal virus varia a seconda del vaccino, ma in tutti i casi la copertura non è immediata e occorre sempre aspettare qualche giorno o qualche settimana prima che si raggiunga il massimo livello di protezione. Per quello che riguarda Pfizer, studi clinici hanno dimostrato che bisogna aspettare 7 giorni dalla somministrazione della seconda dose, momento in cui è prevista un’efficacia protettiva nel 95% dei casi. Per Moderna occorre aspettare una settimana in più: 14 giorni dall’inoculazione della seconda dose. Per AstraZeneca servono 3 settimane dalla somministrazione della prima dose, mentre per Johnson & Johnson occorrono 2 settimane esatte dalla somministrazione dell'unica dose prevista. Dato che nessun vaccino garantisce una protezione del 100%, l'aver ricevuto una o più dosi non rende invincibili dal virus, perciò le misure di precauzione anti-contagio restano valide anche per le persone vaccinate.

6. Sono morte molte persone con AstraZeneca

La sospensione momentanea di AstraZeneca, terminata con la riaffermazione da parte dell'Ema della sicurezza ed efficacia del vaccino e una piccola variazione al testo del bugiardino, ha creato alcuni dubbi ed esitazioni in chi dovrà sottoporsi alla vaccinazione. A rendere ancora peggiore la situazione è la presenza in rete di (dis)informazione che collega la somministrazione del vaccino a una serie di cosiddette morti sospette. In realtà i casi di decesso hanno un legame solo temporale con la vaccinazione, e non è stato riscontrato alcun nesso di causalità né un'incidenza significativamente superiore alla norma (fatta eccezione per alcuni rarissimi casi di tromboembolia). La stessa Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha rassicurato i cittadini sulla sicurezza del vaccino AstraZeneca, sottolineando come l'attività di farmacovigilanza stia proseguendo a livello nazionale senza che siano emersi elementi allarmanti.

(foto: Mat Napo/Unsplash)

7. Nei vaccini ci sono tracce di feti abortiti

Anche se si tratta di una vecchissima storia, per il Covid-19 tutto è nato a partire da un video relativo al vaccino di AstraZeneca che ha iniziato a circolare in rete il 21 marzo scorso. Come è facile immaginare, non c'è alcun fondamento alla base delle affermazioni secondo cui tracce organiche di feti sarebbero sistematicamente state identificate nelle soluzioni vaccinali. Il vaccino è costituito principalmente da un adenovirus che determina il raffreddore negli scimpanzé, modificato geneticamente affinché non sia in grado di riprodursi nel nostro corpo. Per il resto, la maggior parte degli ingredienti che costituiscono il vaccino AstraZeneca sono abbastanza comuni e utilizzati in tanti altri composti vaccinali, come L-istidina, cloruro di magnesio esaidrato e polisorbato, etanolo, saccarosio, cloruro di sodio e disodio edetato. Nulla che abbia a che fare con i feti.

8. I vaccini predispongono a patologie autoimmuni

Non c’è alcuna prova scientifica a sostegno di questa tesi. Il nostro organismo sviluppa la capacità di rispondere agli antigeni ancora prima della nascita, tanto che un neonato è in grado di affrontare migliaia di antigeni ogni giorno, ben di più di quelli contenuti in un vaccino. Inoltre, è noto che il sistema immunologico presenta solidi meccanismi di controllo, e numerosi studi sono stati condotti per escludere qualsiasi nesso tra i vaccini e le malattie autoimmuni. Se in termini generali si tratta di una possibile correlazione che ha avuto senso indagare, oggi la risposta della scienza su questo punto è inequivocabile.

9. È utile sottoporsi a un test prevaccinale

Secondo alcuni millantatori, esisterebbero dei test che possono predire gli effetti collaterali dei vaccini prima che vengano somministrati. In questo caso la replica è semplice: non esiste alcun test di questo genere che abbia dato prova di funzionare o garanzie di affidabilità. Effettuare delle indagini per identificare se si rientra tra le persone con alta probabilità di avere reazioni avverse è una pratica lunga, molto costosa e soprattutto inutile. Ci sono condizioni specifiche, come l'essere in gravidanza o poli-allergici, che meritano particolare attenzione, ma il suggerimento è di discutere della propria condizione con il medico di fiducia, senza affidarsi a test privi di fondamento scientifico.

10. Per gli allergici il vaccino è peggio di altri farmaci

In parte collegata alla bufala precedente, è un'ulteriore balla: i vaccini sono pericolosi per le persone allergiche come tutti gli altri farmaci. Per chi soffre di forme allergiche di lieve entità come raffreddore da fieno, asma lieve o rinite non sono previste procedure specifiche, in quanto non c'è alcun particolare rischio. Per i soggetti con gravi forme di allergia, invece, è necessario il parere del medico di base per potere procedere con la vaccinazione. Chi in passato ha avuto reazioni avverse gravi deve essere monitorato secondo un protocollo più rigido: rimanere in attesa per 60 minuti, invece dei soliti 15, e ricevere il vaccino in ambiente ospedaliero per garantire un intervento tempestivo in caso di reazione anafilattica acuta.

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