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Crisi energetica: rischi anche per ambiente e clima

La crisi energetica legata alle forniture russe costringe l’Europa a riorganizzare i piani per la transizione green. Il rischio è di fare ricorso ancora di più ai combustibili fossili per scongiurare un blackout nel Vecchio Continente, facendo impennare le emissioni nocive.
Sostenibilità11 Aprile 2022 - ore 08:49 Redatto da Redazione Meteo.it
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A causa della sanguinosa guerra in Ucraina e delle tensioni con la Russia, l’Europa si trova in queste settimane in una condizione di grave insicurezza energetica. Oltre il 40% del gas naturale e il 36% del petrolio che alimentano il Vecchio Continente infatti sono di origine russa e, come è stato sottolineato più volte nelle scorse settimane, uno dei primi effetti a ripercuotersi su tutta Europa è il tema delle forniture energetiche,

L’ipotesi della riduzione o del blocco totale dei flussi dalla Russia - che la classe politica italiana e dell'Unione europea stanno seriamente prendendo in considerazione - rappresenta una sfida enorme per gli stati europei, non ancora pronti a colmare un improvviso taglio delle forniture compensandolo solamente le risorse rinnovabili.

Proprio per questo motivo, soprattutto nel breve periodo, si teme una ri-carbonizzazione dell’economia continentale (con riflessi anche su scala globale), con un aumento delle emissioni nocive derivanti dall’utilizzo dei combustibili fossili. Ossia, detto in altri termini, un'inversione di tendenza rispetto all'obiettivo della trasformazione green, con l'effetto di spostare il traguardo ancora più avanti nel tempo. Questo ritorno a fonti energetiche poco sostenibili sarebbe un ulteriore guaio per la lotta al cambiamento climatico, rendendo ancora più arduo raggiungere gli obiettivi transizione energetica necessaria per contenere sotto 1,5°C l'aumento delle temperature medie globali.

Un futuro energetico molto incerto

Nel corso del 2021 il trend di aumento delle emissioni nocive assolute - consolidato negli anni - si è confermato ancora una volta. Secondo quanto emerge dal rapporto Global Energy Review, pubblicato dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), durante lo scorso anno è stato registrato il più grande aumento di emissioni di anidride carbonica anno su anno, con un incremento del 6%.

E di fatto nei primi mesi del 2022 la guerra ha ulteriormente complicato uno scenario energetico già molto difficile, ponendo la Commissione europea nelle condizioni di presentare un piano ad hoc per rendere il Vecchio Continente indipendente dai combustibili fossili russi entro il 2030, riducendo già quest’anno le importazioni di gas di quasi i due terzi.

Sforzandosi di vedere il bicchiere mezzo pieno, secondo alcuni osservatori esperti la guerra che sta sconvolgendo gli equilibri geopolitici mondiali rappresenta comunque un’occasione per una transizione energetica più rapida verso le risorse rinnovabili. Ma non è così semplice, perché l’incertezza della situazione attuale rende tutto molto complicato: è difficile affrontare contemporaneamente la guerra, l’emergenza energetica e la decarbonizzazione, ed è proprio quest'ultima che rischia di passare in secondo piano in un momento storico difficile.

Un taglio improvviso delle forniture di gas russo implicherebbe la necessità di reperire fonti energetiche alternative in maniera in rapida. Non è un caso che in alcuni paesi europei si stiano riaprendo delle centrali nucleari e si stia registrando un incremento nell’utilizzo dei combustibili fossili, oltre che una riaccensione di alcune centrali a carbone.

Insomma, come avverte la Iea, il rischio è che almeno nel breve periodo la guerra determini un aumento sia dei costi economici legati all'energia sia delle emissioni climalteranti e nocive per l’ambiente. Per limitare questo effetto sarebbe necessario adottare politiche in grado di affrontare contemporaneamente la crisi energetica e la lotta al cambiamento climatico, ma anche utilizzare con grande attenzione e parsimonia le risorse a disposizione (un piccolo esempio pratico è la variazione nella temperatura degli edifici della pubblica amministrazione voluta dal governo italiano). Facile sulla carta, arduo da realizzare in concreto, soprattutto nell'immediato. A breve termine, infatti, il calo di importazioni di gas dalla Russia sarà con tutta probabilità colmato per il nostro paese anche da un aumento delle importazioni dall'Algeria, almeno secondo quanto trapelato ai giornali.

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