"Terzo aprilante, quaranta dì durante": come nasce il proverbio più famoso di aprile?

Tra i tanti detti popolari legati ai mesi dell’anno, ce n’è uno che ogni aprile ritorna puntualmente sulle labbra dei nonni, nei post sui social e perfino nelle conversazioni più casuali tra vicini di casa: "Terzo aprilante, quaranta dì durante".
Il proverbio a prima vista può sembrare misterioso, ma che racchiude un’antica saggezza contadina e una sua profonda osservazione del meteo. La sua diffusione nel tempo lo ha reso uno dei modi di dire più iconici legati al mese di aprile, tanto da essere spesso citato anche in ambito giornalistico o culturale. Ma da dove arriva esattamente questa espressione? E cosa significa davvero?
"Terzo aprilante, quaranta dì durante": origini contadine e osservazione della natura
Il proverbio ha origini antiche e si inserisce nel ricco filone della tradizione orale contadina. Per secoli, le popolazioni rurali si sono affidate ai cicli naturali, all’osservazione del cielo, del vento e dei comportamenti degli animali per prevedere l’andamento delle stagioni, soprattutto quando si trattava di preparare i campi o seminare. In questo contesto, il 3 aprile veniva considerato una data cruciale: secondo la credenza popolare, le condizioni meteorologiche osservate in quel giorno sarebbero state indicative per i successivi quaranta giorni.
L’idea alla base è semplice ma efficace: se il 3 aprile piove, allora pioverà ancora a lungo; se invece splende il sole, sarà probabile un periodo stabile e favorevole. Si tratta di una sorta di “barometro popolare” che si rifà a una logica empirica, basata sull’esperienza tramandata di generazione in generazione. In un’epoca in cui non esistevano strumenti scientifici affidabili per la previsione del tempo, la tradizione orale e l’osservazione diretta della natura erano le uniche “tecnologie” disponibili.
Una questione di ritmo, memoria e linguaggio
Il fascino di questo proverbio non risiede solo nel suo contenuto meteorologico, ma anche nella sua musicalità. La rima tra “aprilante” e “durante” contribuisce a renderlo facilmente memorizzabile e piacevole da ripetere, fattori fondamentali per la trasmissione orale nei secoli passati. Inoltre, l’uso del termine “aprilante” – oggi desueto – aggiunge un tocco di arcaicità che ne accresce il fascino. “Aprilante” non è altro che un aggettivo derivato da aprile, utilizzato per indicare chi o cosa appartiene a questo mese. In senso figurato, può anche alludere al comportamento tipico di aprile, mese notoriamente instabile sotto il profilo meteorologico.
Il numero quaranta, poi, non è scelto a caso: nella cultura popolare, è una cifra simbolica, ricorrente in molte espressioni idiomatiche e anche nella tradizione religiosa. Pensiamo ai quaranta giorni del diluvio universale, ai quaranta giorni di Quaresima, o ai quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto. È un numero che evoca un ciclo completo, una fase di trasformazione o di attesa. Così, dire che il tempo del 3 aprile durerà quaranta giorni non significa necessariamente che sia una previsione letterale, ma piuttosto che quel giorno segna l’inizio di un periodo significativo e prolungato.
Un proverbio ancora attuale?
Nonostante i progressi della meteorologia moderna, proverbi come questo mantengono intatto il loro fascino. In parte perché raccontano qualcosa di autentico sul nostro rapporto con la natura e con il tempo che passa, in parte perché sono frammenti di memoria collettiva. Anche oggi, non è raro sentire questo detto nei notiziari locali, magari usato come spunto ironico per commentare una primavera particolarmente bizzarra. Alcuni lo riprendono sui social con tono scherzoso, mentre altri ci credono ancora, convinti che il 3 aprile sia davvero una chiave per decifrare le settimane successive.
In fondo, anche se oggi possiamo controllare le previsioni del tempo con un’app sullo smartphone, resta il desiderio di affidarci a qualcosa di più poetico, più radicato, più umano. Un detto come “Terzo aprilante, quaranta dì durante” è una finestra su un modo diverso di percepire il mondo: meno preciso forse, ma sicuramente più vicino alla terra, al ciclo delle stagioni, al ritmo naturale della vita.
Curiosità e varianti locali
Come spesso accade con i proverbi, esistono varianti regionali della stessa espressione. In alcune zone si dice “aprile piovoso, maggio ventoso, giugno soleggiato porta un raccolto fortunato”, a testimonianza di quanto le condizioni climatiche dei mesi primaverili fossero (e siano ancora) fondamentali per l’agricoltura. In altri contesti, il detto del 3 aprile viene associato ad antichi calendari agricoli o a tradizioni religiose locali. Non mancano, inoltre, versioni dialettali che mantengono intatto il significato pur cambiando leggermente la forma.