Sempre più sfere di Nettuno nel Mediterraneo: cosa sono e da dove provengono

Sulle coste del Mediterraneo, può capitare spesso di imbattersi in curiosi agglomerati tondeggianti, di colore marrone e dalla consistenza fibrosa. Questi oggetti, noti come sfere di Nettuno, si trovano lungo la battigia soprattutto dopo forti mareggiate o giornate ventose, formando piccoli accumuli che incuriosiscono i passanti.
Non si tratta né di rifiuti umani né di formazioni insolite. Sono invece prodotti naturali, frutto di un fenomeno biologico che avviene da secoli e che appare sempre più frequentemente sulle spiagge.
Sfere di Nettuno, cosa sono e perché la loro presenza si è intensificata nel Mediterraneo
Le sfere di Nettuno sono formazioni naturali composte da resti di Posidonia oceanica, una pianta acquatica tipica del Mediterraneo che forma vaste distese sottomarine fondamentali per l'equilibrio marino. Quando le sue foglie cadono, i frammenti fibrosi vengono trasportati dalle onde e dai flussi marini, fino a essere lentamente arrotolati in masse compatte di varie dimensioni, conosciute scientificamente come aegagropila. Questo processo, di origine biologica e ben documentato, non ha nulla a che vedere con i rifiuti.
La loro comparsa è aumentata negli ultimi anni, soprattutto nei mesi invernali, quando la Posidonia perde molte foglie per rinnovarsi. Le correnti marine le raccolgono e, attraverso un processo di compattazione naturale, danno origine a questi curiosi oggetti. Tuttavia, la frequenza crescente di mareggiate, probabilmente legata ai cambiamenti climatici e all’instabilità atmosferica, ha contribuito a renderle più comuni.
Inoltre, laddove le praterie di Posidonia sono ancora floride, la quantità di biomassa prodotta è maggiore, fornendo più materiale per la formazione delle sfere. Sono proprio gli habitat meglio conservati a generare il maggior numero di queste strutture vegetali.
Sfere di Nettuno, ecco perché sono preziose alleate per gli oceani
Nel 2021, un articolo pubblicato su Scientific Reports ha per la prima volta messo in luce il ruolo ecologico inaspettato svolto dalle cosiddette sfere di Nettuno. Durante la loro formazione, queste strutture vegetali riescono a inglobare al loro interno minuscoli residui di plastica presenti sui fondali marini.
Stabilire con precisione quanta plastica venga effettivamente rimossa dall’ambiente marino grazie a questo processo naturale non è semplice, ma gli scienziati hanno fornito una stima indicativa: secondo i loro dati, ogni chilogrammo di fibre di Posidonia oceanica potrebbe trattenere fino a 1.470 microplastiche.
Sulla base di queste proiezioni, è stato ipotizzato che, nel corso di un anno, queste formazioni vegetali siano potenzialmente in grado di intercettare e trasportare fuori dal mare fino a 867 milioni di frammenti plastici, contribuendo così, seppur indirettamente, alla pulizia dell’ambiente marino.