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Direttiva anti-greenwashing: l’Europarlamento rafforza il sistema dei controlli

Gli studi dimostrano che oltre il 50% delle dichiarazioni ambientali sono vaghe, fuorvianti o infondate. Con la nuova direttiva anti-greenwashing l'Europarlamento interviene per portare chiarezza nel settore
13 Marzo 2024 - ore 16:52 Redatto da Redazione Meteo.it
13 Marzo 2024 - ore 16:52 Redatto da Redazione Meteo.it
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La lotta verso etichette green false o comunque fuorvianti per il consumatore passa anche attraverso la nuova direttiva anti-greenwashing. L'Europarlamento rafforza i controlli e obbliga le aziende a presentare prove a sostegno delle loro dichiarazioni di marketing ambientale, prima di poter identificare i propri prodotti come "biodegradabili", "a risparmio idrico" o "a base di materie prime biologiche".

Parlamento Europeo, nuova direttiva contro le informazioni ingannevoli

Da Strasburgo arrivano le nuove direttive anti-greenwashing, ovvero una serie di misure volte a sistemi di verifica e di pre-approvazione sulle dichiarazioni ambientali riportate sui vari prodotti che sarebbero fuorvianti nel 50% dei casi.

La nuova direttiva 2024/825 - pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 5 marzo 2024 - va a completare una norma già in vigore, che vieta il "greenwashing". Per combattere quello che comunemente viene definito "ambientalismo di facciata" il Parlamento Europeo ha previsto norme più stringenti, che permetteranno al consumatore finale di fare scelte più responsabili, proteggendoli da pratiche di commercializzazione ingannevoli. Si allunga così l’elenco UE delle pratiche commerciali sleali - già contenute nell’allegato I della Direttiva 2005/29/CE e all’art. 23 cod. cons. - con una serie di strategie di marketing problematiche legate al greenwashing.

Direttiva anti-greenwashing in dettaglio

La Direttiva modifica le norme sull’etichettatura dei prodotti, vietando l’uso di indicazioni ambientali generiche come "rispettoso dell’ambiente", "rispettoso degli animali", "green", "naturale", "biodegradabile", o "a impatto climatico zero" se non supportate da prove.

In dettaglio sarà vietato:

  • esibire un marchio di sostenibilità che non è basato su un sistema di certificazione o non è stabilito da autorità pubbliche
  • formulare un’asserzione ambientale generica per la quale il professionista non è in grado di dimostrare l’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti all’asserzione
  • formulare un’asserzione ambientale concernente il prodotto o l’attività del professionista nel suo complesso quando riguarda solo un determinato aspetto del prodotto o dell’attività
  • asserire, in base ad una mera compensazione delle emissioni di gas a effetto serra, che un prodotto ha un impatto neutro, ridotto o positivo sull’ambiente in termini di emissioni di gas a effetto serra
  • presentare requisiti imposti per legge sul mercato dell’Unione per tutti i prodotti appartenenti a una data categoria come se fossero un tratto distintivo dell’offerta del professionista

Saranno inoltre vietate le indicazioni infondate sulla durata del prodotto, gli inviti a sostituire beni di consumo prima del necessario e le dichiarazioni false sulla riparabilità del bene.

La direttiva - al contrario di quanto avviene per i regolamenti europei - non è direttamente applicabile negli Stati membri dopo la sua entrata in vigore. Affinché ciò avvenga deve essere prima recepita nel diritto nazionale dei singoli Paesi. Gli Stati Ue avranno tempo fino al 27 marzo 2026 per recepire tale direttiva.

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