Campi Flegrei, la storica eruzione del Monte Nuovo rivela possibili scenari futuri: il nuovo studio Ingv

Un nuovo studio condotto dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) insieme all’Università di Napoli Federico II ha analizzato in dettaglio l’unica eruzione storica registrata ai Campi Flegrei, quella del Monte Nuovo del 1538.
I ricercatori hanno ricostruito in maniera più accurata gli eventi che precedettero l’eruzione, in particolare i fenomeni sismici e il sollevamento del terreno, individuando somiglianze significative con la crisi bradisismica attuale.
Lo studio suggerisce due scenari possibili per il futuro: un’eventuale eruzione vulcanica nei prossimi anni o decenni oppure l’interruzione del bradisismo senza evoluzione eruttiva. In entrambi i casi, la conclusione è chiara: il territorio deve essere preparato a ogni eventualità.
Le fasi precedenti l’eruzione del Monte Nuovo
Grazie a documenti e testimonianze storiche, integrate con dati stratigrafici e geofisici moderni, i ricercatori hanno ricostruito con precisione il contesto che portò all’eruzione del 1538.
Il sollevamento del suolo iniziò già nel 1430, raggiungendo i 16 metri a Pozzuoli circa un secolo prima dell’evento. Pochi anni dopo, l’area destinata a ospitare il cono di Monte Nuovo registrò un ulteriore innalzamento. Parallelamente, dal 1470 si verificarono terremoti con magnitudo leggermente superiore a 5.0, che continuarono per quarant’anni anche dopo l’eruzione.
L’evento del 1538 ebbe inizio con una fase freatomagmatica, generata dal contatto tra il magma e l’acqua marina. Seguirono emissioni di ceneri e lapilli e il collasso della colonna eruttiva provocò flussi piroclastici diretti verso Pozzuoli, con depositi fino a 3 km di distanza. L’esito finale fu la nascita del cono di Monte Nuovo.
Il confronto con la crisi bradisismica attuale
Il parallelo con l’attuale fase di sollevamento dei Campi Flegrei è cruciale. Dal 2005 la caldera mostra una ripresa dei fenomeni bradisismici, con un aumento progressivo della sismicità. Il 13 marzo 2025 è stato registrato un terremoto di magnitudo 4.6, il più forte dell’ultimo periodo.
Tuttavia, rispetto al passato, l’entità del sollevamento è diversa: tra il 1950 e il 2024 il suolo si è alzato di 4,3 metri, molto meno rispetto ai 10 metri accumulati tra il 1430 e il 1503. Questa differenza è uno dei fattori che permettono di ipotizzare scenari distinti.
I possibili scenari futuri ai Campi Flegrei
Gli studiosi hanno delineato due prospettive principali per l’evoluzione della crisi bradisismica.
Scenario 1: evoluzione verso un’eruzione
L’attuale sollevamento potrebbe culminare in un’eruzione, anticipata da terremoti di magnitudo fino a 5.0 o superiore e da un ulteriore innalzamento localizzato del suolo. Il punto di apertura della bocca eruttiva non sarebbe prevedibile con precisione, ma l’area Solfatara-Agnano è considerata la più probabile. Pur trattandosi di un’eruzione di intensità medio-bassa, non va escluso il rischio di flussi piroclastici e danni significativi.
Scenario 2: cessazione del bradisismo senza eruzione
Secondo un’ipotesi alternativa, la crisi in corso potrebbe arrestarsi senza produrre un’eruzione. Questo perché lo stress accumulato nelle rocce risulta oggi minore rispetto a quello del passato. In tale scenario, potrebbero comunque verificarsi esplosioni freatiche dovute alla pressione dei fluidi caldi, con emissioni improvvise di vapore, acqua e frammenti rocciosi.