Tropicalizzazione del Mediterraneo: come le specie aliene stanno cambiando il mare

I pesci del Mediterraneo stanno diminuendo a causa del caldo estremo, che sta portando nel Mare Nostrum specie aliene, talvolta invasive, e mettendo a rischio la biodiversità. La tropicalizzazione del Mediterraneo è l'ennesimo effetto della crisi climatica in atto.
Tropicalizzazione del Mediterraneo, cause ed effetti
Il Mar Mediterraneo affronta oggi una trasformazione senza precedenti: la tropicalizzazione. Questo fenomeno, legato principalmente ai cambiamenti climatici globali e alla crescente pressione antropica, si manifesta attraverso l’arrivo e l’insediamento di specie aliene, ossia organismi originari di altre regioni del pianeta, che stanno modificando le dinamiche e l’equilibrio degli ecosistemi marini.
Per tropicalizzazione si intende un insieme di processi per cui ambienti temperati, come quello mediterraneo, acquisiscono caratteristiche tipiche delle aree tropicali. Questo cambio si riflette in una maggiore temperatura media delle acque, nella modifica dei regimi di correnti e nell’arrivo di specie esotiche, spesso provenienti dal Mar Rosso, dall’Oceano Indiano o da altre zone calde del pianeta.
Non si tratta solo di una variazione nella lista delle specie presenti, ma di un vero mutamento nella struttura e nelle funzioni degli ecosistemi: praterie di Posidonia oceanica sostituite da alghe tropicali, pesci autoctoni soppiantati da predatori di origine lontana, nuovi cicli biologici e alimentari. La tropicalizzazione è un processo rapido e ancora in corso, le cui conseguenze risultano spesso imprevedibili.
Il Mediterraneo è uno dei mari più sensibili al riscaldamento globale: negli ultimi 30 anni, la temperatura superficiale è cresciuta in media di circa 1,5 gradi, con punte anche superiori nei periodi estivi. Questo cambiamento termico favorisce la sopravvivenza e la proliferazione di organismi che, fino a pochi decenni fa, non sarebbero mai riusciti a insediarsi stabilmente nel bacino.
Un fattore determinante è anche la presenza del Canale di Suez, che mette in comunicazione diretta il Mediterraneo con il Mar Rosso. Questa "porta d’ingresso" (nota come "migrazione lessepsiana" dal nome dell’ingegnere Ferdinand de Lesseps, promotore del Canale) ha permesso a centinaia di specie tropicali di raggiungere e colonizzare le acque mediterranee.
A ciò si aggiungono il traffico marittimo, che facilita il trasporto involontario di organismi attraverso le acque di zavorra delle navi e la crescente pressione sugli habitat naturali dovuta a pesca intensiva, urbanizzazione costiera e inquinamento.
Biodiversità marina a rischio
Le specie aliene o alloctone sono organismi animali o vegetali introdotti, volontariamente o accidentalmente, in un territorio diverso da quello d’origine. Nel Mediterraneo, la lista di queste specie è in costante aumento: si stima che oltre 1.000 specie aliene abbiano trovato casa nel Mare Nostrum, molte delle quali sono riuscite a stabilirsi, riprodursi e in alcuni casi diventare invasive.
La presenza crescente di queste specie alloctone sta rivoluzionando la biodiversità mediterranea, mettendo a rischio estinzione molti pesci autoctoni, crostacei e alghe tipiche del Mediterraneo, e innescando nuove dinamiche predatorie, con predatori mai visti prima che modificano il comportamento e la distribuzione delle prede locali, influenzando persino la pesca commerciale.
Tra i potenziali rischi di questo cambiamento ci sono anche quelli legati a un profondo cambiamento nel paesaggio sottomarino e un potenziale rischio per la salute umana. Mentre Praterie di Posidonia vengono sostituite da tappeti di alghe tropicali o fondali resi "deserti" dall’attività di specie erbivore invasive, cresce il rischio per pescatori e bagnanti di imbattersi in meduse o pesci velenosi.
Casi emblematici: tra crisi e opportunità
Non tutte le specie aliene provocano danni irreversibili. Alcune si inseriscono senza grandi impatti, altre invece diventano risorse inattese. Un esempio è dato dal granchio blu, che, dopo aver creato problemi, ha dato origine a una nuova filiera gastronomica e commerciale in Italia.
Altrettanto notevole è il caso del pesce leone o pesce scorpione, la cui presenza però desta ancora forte preoccupazione per la tossicità e la capacità predatoria. L’alga Caulerpa, invece, è considerata una delle minacce maggiori per la biodiversità bentonica, poiché forma "tappeti verdi" che soffocano le specie locali.
Le meduse nomadiche hanno causato chiusure di spiagge e danni al turismo, ma anche stimolato nuovi studi su possibili utilizzi farmaceutici delle loro tossine.
Risposte e strategie di gestione
Affrontare la tropicalizzazione del Mediterraneo richiede un approccio multilivello: monitoraggio costante, interventi di controllo, sensibilizzazione pubblica e cooperazione internazionale. Alcuni Paesi stanno promuovendo la raccolta sistematica delle specie invasive, altri puntano su progetti per il ripristino degli habitat autoctoni.
La tecnologia offre strumenti preziosi: droni subacquei, sistemi di allerta precoce, modelli predittivi basati su intelligenza artificiale e citizen science, ovvero il coinvolgimento diretto di pescatori, subacquei e cittadini nella segnalazione di nuove specie.
Anche l’educazione ambientale gioca un ruolo chiave: conoscere per tutelare. Campagne di informazione, escursioni guidate e materiali didattici aiutano a diffondere la consapevolezza dei rischi e delle opportunità legati alle nuove presenze nel mare.
Per mitigare gli effetti della tropicalizzazione, anche il Wwf promuove una campagna di protezione del mar Mediterraneo. L’obiettivo è fare in modo che il 30% del Mare Nostrum sia protetto in maniera efficace entro il 2030.