Terremoti: 54.000 ai Campi Flegrei in 3 anni, 4,5 volte le stime precedenti

Nella zona napoletana dei Campi Flegrei ci sono stati oltre 54.000 terremoti negli ultimi tre anni, e non 12.000 come sostenevano le stime precedenti.
A più che quadruplicare il dato è un nuovo studio, riportato dall’Ansa e pubblicato sulla rivista Science dalla Stanford University in collaborazione con l'Osservatorio Vesuviano dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e con l'Università di Napoli Federico II.
Nuove scosse scoperte con l’AI
La nuova stima arriva grazie a un nuovo modello di intelligenza artificiale che, analizzando i dati del monitoraggio sismico, riesce a identificare anche scosse e faglie finora mai trovate.
“La sismicità potrebbe cambiare in qualsiasi momento, e questo è l'aspetto più importante dello studio: la capacità di ottenere una visione chiara è ora operativa", sostiene il coautore dello studio, Greg Beroza, docente di geofisica presso la Stanford Doerr School of Sustainability. "L'Ingv ora gestisce autonomamente lo strumento in base alle necessità, quindi dovrebbe essere utile per la risposta scientifica e, in ultima analisi, per la risposta pubblica in caso di cambiamenti".
Due faglie verso Pozzuoli, nessun segno di eruzione
La ricerca mostra la presenza di due faglie che convergono sotto la città di Pozzuoli. "Queste lunghe faglie suggeriscono che un terremoto di magnitudo 5 non è escluso", dice Bill Ellsworth, coautore dello studio e co-direttore dello Stanford Center for Induced and Triggered Seismicity. "Sappiamo da tempo che questo è un luogo rischioso, fin dagli anni '80, quando parte della città fu evacuata, e ora stiamo osservando per la prima volta le strutture geologiche responsabili".
"In precedenza, la struttura della sismicità nella caldera era indistinta, e ora abbiamo osservato una faglia anulare molto sottile e ben marcata, coerente con le caratteristiche superficiali, soprattutto al largo, e anche con l'area sollevata", gli fa eco Beroza.
Non ci sono prove però di risalita del magma, riducendo la preoccupazione che ci possa essere un'eruzione a breve termine. Il nuovo modello, secondo gli studiosi, potrebbe essere adattato anche ad altre aree sotto monitoraggio sismico, come l’isola di Santorini in Grecia.