L’ondata di calore “The Blob” ha causato in due anni la morte di circa 4 milioni di uccelli marini nell’Oceano Pacifico nord-orientale
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All'inizio del 2016 si è registrata una delle più gravi ondate di calore marine che ha fatto registrare una vera e propria strage di uccelli marini nell'Alaska meridionale. Più di 4 milioni di uccelli marini sono stati ritrovati morti sulle spiagge, circa metà dell'intera popolazione di urie comuni dell'Alaska stando ai calcoli fatti dalla biologa Heather Renner e dai colleghi pubblicati sulla rivista Science.
The Blob, strage di uccelli marini sulle spiagge dell'Alaska meridionale
Heather Renner, biologa della fauna selvatica presso l'U.S. Fish and Wildlife Service, a diversi anni di distanza dall'ondata di calore del 2016, è tornata a parlare della strage di uccelli morti nell'Oceano Pacifico Nord Orientale.
"Sapevamo che era grave, ma quello che abbiamo scoperto ora è che è stato molto peggio di quanto pensassimo" ha dichiarato la biologa dalle pagine di Science, parla del più grande sterminio di animali documentato nella storia moderna. Lo studio sottolinea che ci sono dei cambiamenti importanti in atto nell'ecosistema della regione. Gli uccelli marini, conosciuti anche come urie, presentano la forma e il colore di un pinguino, possono volare fino a 80 chilometri all'ora e sono capace di immergersi fino a 200 metri di profondità.
Durante l'ondata di calore del 2016, soprannominata "The Blob", l'acqua dell'Oceano Pacifico nord-orientale è aumentata di 2° rispetto ai livelli storici causando la morte di 62.000 esemplari. Una vera e propria strage di urie comuni, uccelli marini simili a pinguini volanti, che sono stati trovati trascinati dalle onde dall'Alaska alla California.
4 milioni di urie morte: evento tragico senza precedenti
A distanza di diversi anni da quei primi dati, alcuni scienziati in un nuovo studio hanno stimato che sono circa 4 milioni di urie morte, definendo la cosa "senza precedenti e sorprendente" e il più tragico evento di mortalità non solo tra gli uccelli, ma tra tutti i vertebrati non ittici nell'era moderna.
Heather Renner, biologa supervisore della fauna selvatica presso l'U.S. Fish and Wildlife Service, aggiunge: "Penso che ciò che fa davvero male è che un predatore così diffuso nell'ecosistema marino in circa un anno ha perso metà della sua popolazione". La scoperta è stata possibile confrontando i dati: al 2014 c'erano circa 8 milioni di uria in Alaska, mentre tra il 2014 e il 2016 si è registrato un drastico calo di esemplari tra il 52% al 78%.
Anche Tim Birkhead, esperto di urie e professore emerito presso l'Università di Sheffield, Regno Unito, sottolinea commentando lo studio: "L'ondata di calore marina ha avuto effetti di vasta portata e duraturi". Si tratta di una vera e propria macchia che ha colpito intere aree come il Golfo dell'Alaska nell'Oceano Pacifico a causa del cambiamento climatico. Gli autori dello studio hanno lanciato un vero e proprio allarme visto che la strage di urie è la conferma che gli impatti climatici possono essere rapidi e intensi precisando che "le popolazioni di uria comune nel Golfo dell’Alaska e nel Mare di Bering orientale probabilmente non riusciranno a recuperare i livelli precedenti all’ondata di calore prima che si verifichi il prossimo evento di riscaldamento estremo".