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In India nasce la centrale green più grande del mondo (quanto 5 volte Parigi)

Il Parco delle energie rinnovabili di Khavda sarà il più grande del pianeta. Entro 5 anni fornirà energia a 16 milioni di case in India grazie a impianti solari ed eolici. A costruirlo è un magnate del carbone
Sostenibilità21 Marzo 2024 - ore 18:07 - Redatto da Meteo.it
Sostenibilità21 Marzo 2024 - ore 18:07 - Redatto da Meteo.it

Sarà l’impianto elettrico più grande del mondo, grande cinque volte Parigi, visibile perfino dallo spazio e capace di produrre da solo energia sufficiente, per esempio, per tutta la Svizzera.

Rinnovabili dal magnate del carbone

A far costruire questo Parco delle Energie Rinnovabili letteralmente in mezzo al deserto dell’India occidentale è Gautam Adani, l’uomo più ricco d’Asia e uno dei più ricchi al mondo, nonché paradossalmente un magnate del carbone, che ora sta puntando molto sulle fonti alternative dopo uno scandalo internazionale.

Nel Parco di Khavda, nello stato del Gujarat, a meno di 30 chilometri dal confine (molto turbolento) con il Pakistan, verrà prodotta energia solare ed eolica su un area di oltre 500 chilometri quadrati per un investimento da 20 miliardi di dollari che entro 5 anni dovrebbe fornire energia a 16 milioni di case.

La nuova energia dell’India arriva dal deserto

Il progetto del più grande Parco delle energie rinnovabili del mondo, a cui stanno già lavorando migliaia di operai, è decisivo per il futuro dell’India. Lo Stato più popoloso del pianeta, con una delle economie più crescita, dipende ancora al 70% dal carbone per l’energia e ha enormi problemi di inquinamento e di raggiungimento degli obiettivi climatici globali.

La zona in cui sorgerà il Parco è di fatto un deserto brullo. “Non c’è flora, non c’è fauna, non ci sono abitazioni, non c’è un migliore uso alternativo di quest’area” racconta in un’intervista all’americana Cnn, il trentenne Sagar Adani, nipote del magnate Gautam e direttore esecutivo dell'Adani Green Energy Limited (Agel) che porta avanti il progetto. Anche perché, dice: “il fallimento nella transizione verso le energie rinnovabili non è un’opzione”.

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