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Estate: le abitudini alimentari sbagliate minacciano la salute della pelle?

Lo spiega uno studio statunitense condotto su cavie animali, secondo il quale esiste una relazione fra la sensibilità dell'epidermide e la tempistica di assunzione di cibo
25 Agosto 2017 - ore 16:00 Redatto da Meteo.it
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Mangiare fuori orario prima di prendere il sole? Potrebbe non essere una buona idea. È quanto rivela una ricerca condotta dal Peter O’Donnell Jr. Brain Institute e dall'Università della California, Irvine, secondo cui assumere cibo in orari non consueti può rompere il cosiddetto “orologio biologico della pelle”. Un processo che minerebbe alle basi la forza diurna di un particolare enzima, l'XPA, che protegge l'epidermide dalle radiazioni ultraviolette del sole.

Mangiare a notte fonda? Pessima scelta

La ricerca, pubblicata dalla rivista specialistica "Cell Reports" e, per il momento, condotta solo su cavie animali, ha indicato il legame tra gli orari di nutrizione e i livelli di protezione: se si mangia a notte fonda, in pratica, si potrebbe essere più suscettibili a scottature e problemi della pelle legati agli effetti dell'esposizione ai raggi del sole a lungo termine, come l'invecchiamento cutaneo e il cancro della pelle. È quanto ha chiarito il dottor Joseph S. Takahashi, presidente del Peter O'Donnel Jr. Brain Institute. Sebbene si tratti di uno studio preliminare i cui risultati dovranno essere oggetto di nuove sperimentazioni, Takahashi ha giudicato la scoperta "sorprendente". "Non pensavo – ha detto lo scienziato - che la pelle fosse così interessata da ciò che noi mangiamo”.

I risultati dell'esperimento sulle cavie

Per condurre lo studio gli esperti hanno suddiviso dei topi da laboratorio in due gruppi. Al primo è stato somministrato del cibo solo durante il giorno (un programma di alimentazione anormale per questi animali notturni), mentre gli altri hanno seguito il loro normale regime alimentare. È stato notato che i topi sovralimentati avevano riportato dei danni alla pelle subito dopo l'esposizione a raggi ultravioletti di tipo B (UVB). Secondo il team di specialisti che ha effettuato la ricerca, i danni parzialmente provocati nei topi del primo gruppo sono provocati da una strana reazione dell'enzima XPA, quello che lavora per riparare la pelle danneggiata dai raggi UV, che di colpo è diventato meno attivo durante il giorno. Nell'organismo dei topi appartenenti al gruppo nutrito normalmente, non è stato invece registrato alcun cambiamento nell'enzima, il che gli ha permesso di essere meno sensibili all'esposizione agli ultravioletti. Il lavoro degli scienziati proseguirà ora per capire se esista una connessione tra i tempi di nutrizione e i danni degli ultravioletti anche nelle persone. “È difficile applicare questi risultati all'uomo - ha sostenuto Bogi Andersen, professore di chimica biologica all'Università della California, Irvine, che ha condotto lo studio – ma credo sia affascinante che la pelle sia sensibile alla tempistica dell'assunzione di cibo”.

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