Crescita record dei livelli di CO2: cosa comporta per il nostro futuro?

Un nuovo allarme arriva dai dati sul clima globale: nel 2024 la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera ha registrato l’aumento più marcato mai rilevato in un solo anno dall’inizio delle rilevazioni moderne, avviate nel 1957.
A rendere noto questo preoccupante primato è la World Meteorological Organization (WMO), organismo delle Nazioni Unite che si occupa del monitoraggio delle condizioni atmosferiche e dei cambiamenti climatici. Questo record negativo, registrato dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale, rappresenta un chiaro segnale dell’accelerazione del riscaldamento globale, legato soprattutto alle attività umane.
Emissioni di CO2: ecco quali sono i rischi per il futuro
Nel 2024 la quantità media di anidride carbonica nell’atmosfera ha toccato un nuovo record: 423,9 parti per milione (ppm). Questo valore segna un incremento di 3,5 ppm rispetto al 2023, il più elevato mai registrato in un singolo anno da quando esistono misurazioni moderne. Neppure nel 2016, anno segnato da forti anomalie climatiche, si era superato un aumento di +3,3 ppm.
Il dato, sebbene allarmante, non sorprende gli esperti: la CO₂ atmosferica è in costante crescita da decenni. Negli anni ’60 l’aumento medio annuo era di circa 0,8 ppm. Oggi la velocità di accumulo è più che quadruplicata. Questo comporta che il nostro pianeta trattiene sempre più calore, con effetti diretti su clima, biodiversità e ghiacci.
Secondo la World Meteorological Organization (WMO), i fattori principali dell'impennata del 2024 sono stati incendi estesi e fenomeni meteorologici estremi. Questi eventi riducono la capacità naturale della Terra di catturare il carbonio: foreste e torbiere in fiamme rilasciano grandi quantità di gas serra, mentre la vegetazione danneggiata smette di assorbire CO₂ per lunghi periodi.
Anche gli oceani, che normalmente assorbono circa il 25% delle emissioni, stanno perdendo efficienza: l’aumento della temperatura delle acque riduce sia la capacità di dissolvere il gas che quella di stoccarlo. Il risultato è un ciclo che si autoalimenta: più calore, meno assorbimento, quindi ancora più riscaldamento.
Le conseguenze per il clima
Le attuali emissioni di anidride carbonica non si limitano a influenzare il clima odierno, ma continueranno a esercitare i loro effetti per secoli, a causa della lunga durata del gas nell’atmosfera terrestre.
Anche il metano (CH₄) gioca un ruolo significativo nel riscaldamento globale, contribuendo per circa il 16% all’effetto serra legato ai gas a lunga permanenza. Tuttavia, rispetto alla CO₂, la sua presenza nell’atmosfera è più breve, con una vita media di circa nove anni.
Le fonti di metano sono sia naturali che antropiche: circa il 40% delle emissioni deriva da ambienti naturali come le aree umide, che rispondono anch’esse ai cambiamenti climatici. Il restante 60% è invece riconducibile ad attività umane, tra cui l’allevamento di bestiame, la coltivazione del riso, l’estrazione e l’utilizzo di combustibili fossili, la gestione dei rifiuti in discarica e la combustione di materiale organico.
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